Perchè la vita merita di essere raccontata

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Rottura delle abitudini, è arte

L’arte è tutto ciò che si oppone all’abitudine: questo vizio mostruoso che frena i nostri sensi e ci impedisce di vedere quanto c’è di nuovo e vitale. I bambini non soffrono l’abitudine, saltano nelle pozzanghere, fanno le buche nella sabbia, amano il pane fresco e gli aghi di pino sotto i piedi. Noi adulti siamo imbarazzati dalle cose semplici ed ecco perché cerchiamo surrogati, la fama, il successo, l’amore, dimenticando le passeggiate in pineta verso il mare. Il fatto è che la vita non la si può capire, al massimo la si può sentire. E i pini sono come Proust, allenatori perfetti, artisti senza saperlo

Antonio pascale – la foglia di fico

Nel periodo estivo, all’arrivo di un tempo vacanziero, si rompono le abitudini. “L’abitudine è una brutta bestia, un parassita che lentamente infesta” cantava Gianni Morandi, nella canzone “Apri tutte le porte”.

Rompere le abitudini può essere una grande occasione per gustare l’arte che è, appunto, rottura delle abitudini, delle consuetudini, dei luoghi comuni. Una passeggiata in riva al mare, in montagna, in un antico borgo o dove volete voi può diventare un modo per rallentare; dimenticare il lavoro e tutti i surrogati di cui ci riempiamo come la fama e il successo citando Antonio Pascale nel suo libro “La foglia di fico”.

Il tempo estivo può diventare un tempo di arte. Sta a noi rompere le abitudini, respirare un’aria nuova: per farlo sarà necessario spalancare i polmoni. Tornare alle nostre abitudini non avendo dato valore ad una passeggiata in pineta, al canto delle cicale, a un dondolo che dondola, sarà come aver perso l’occasione per far entrare l’arte dentro di noi.

Immagine: Edward Hopper, Second story sunlight (1960; olio su tela, 102,1 x 127,3 cm; New York, Whitney Museum of American Art)

Bambini e petali

“Ai bambini e alle bambine che ho incontrato devo tutto quello che sono, tutto quello che so, tutto quello che ho capito, tutta l’umanità che ho recuperato e quella in me che ho curato”

emy mignanelli, l’età dimenticata

Si è concluso da poco un altro anno scolastico. Arriva il tempo del silenzio, dopo il chiasso dei corridoi, delle aule, del refettorio, del giardino, della palestra per un insegnante è ora del silenzio. Non solo assenza di rumore ma anche di assenza di parole, risate, battute, condivisioni, riflessioni, tante riflessioni. E’ un tempo da tanti invidiato, per me un tempo fermo, dove rigenerare le forze, pensare e progettare. Un tempo necessario – per me anche troppo lungo – perché la stanchezza è il pericolo più subdolo quando si educa.

Faccio mia questa frase molto bella tratta da un libro di Emy Mignanelli, “L’età dimenticata”, lettura che consiglio nel periodo estivo. Ai bambini e alle bambine devo quello che sono, che so, che ho capito e l’umanità che ho vissuto sulla mia pelle è stata da stimolo e cura, lascia in me ancore a cui aggrapparmi nel navigare della vita. Una umanità delicata come petali. Perché in fondo i bambini non sono altro che petali di vivaci fiori.

Dovremmo fare come i fiori

E’ un timido pomeriggio di aprile, l’ora del tramonto. Con l’arrivo della bella stagione riconquisto spazi, energie e momenti che solo la primavera sa offrire. Riapro la sdraio, un tiepido sole mi scalda dopo una improvvisa coda autunnale. Ho con me il mio e-reader, leggo quasi esclusivamente in formato digitale per praticità.

Guardo i miei fiori. Non ho tantissime piante, con quelle che ho provo a dare colore allo spazio esterno; cerco la giusta esposizione, godo dei colori, annaffiarle è un segno di ringraziamento alla natura.

Tra poco arriverà il grande caldo; si starà fuori solo nelle ore più fresche, prevalentemente la sera. Sarà impossibile stare tranquilli in piena estate nell’ora del tramonto, a patto che uno sia immune dall’attacco delle zanzare.

Credo che il mese di aprile costituisca una grande promessa. I primi germogli e i primi fiori sanno guardare avanti, scandire il tempo, non guardano al passato ma ad una nuova stagione che sta per iniziare.

Dovremmo fare come i fiori, confidare nei primi germogli, cercare di fiorire – perché questo devono fare -, splendere nel momento migliore ed accettare che arriverà il tempo in cui, per natura, i petali dovranno cadere. Oppure fare come è successo la scorsa estate in un vaso: una surfinia ha convissuto pacificamente in piena estate con un tenace ciclamino, creando una alchimia inaspettata. Due diversità che hanno accettato di farsi ombra reciprocamente.

Guardare i fiori vale più di tante lezioni.

il fiore nella foto è una rosa della mia terrazza

Un giorno in più

Tutti conserviamo il tempo. Conserviamo l’antico significato di ogni persona che ci ha lasciato. E anche noi siamo ancora questi antichi significati, sottopelle, sotto lo strato di rughe, esperienza e risate. Proprio là sotto siamo ancora quelli di una volta. I bambini di una volta, gli amanti di una volta, i figli di una volta” Nina George – Una piccola libreria a Parigi.

Oggi è 29 febbraio, scrivere una breve riflessione in una data simile accade una volta ogni quattro anni. Mi sono detto che era meglio approfittare di questa occasione.

Guardo il calendario e vedo questo giorno in più, il 29, numero insolito per febbraio, ordinario per tutti gli altri. Sembra che il tempo voglia regalarci un giorno in più, tempo di cui non siamo padroni ma ignari beneficiari. Cosa fare in questo giorno? Come trascorrerlo? Saremo capaci di goderci un “giorno bonus” inserito nel nostro calendario come compensazione astrale nella rotazione terrestre?

Ripenso alla frase proposta da Nina George, nel suo bel libro “Una piccola libreria a Parigi”. Mi piacerebbe trascorrerlo ricordando pezzi di me, stralci di vita; di quali esperienze siamo fatti, quali amori, amicizie, successi e cadute ci hanno permesso di guardare il cielo in questo giorno bisestile. Perché in fondo non siamo altro che il risultato di storie e incontri.

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