Perchè la vita merita di essere raccontata

Categoria: attualità

Un giorno in più

Tutti conserviamo il tempo. Conserviamo l’antico significato di ogni persona che ci ha lasciato. E anche noi siamo ancora questi antichi significati, sottopelle, sotto lo strato di rughe, esperienza e risate. Proprio là sotto siamo ancora quelli di una volta. I bambini di una volta, gli amanti di una volta, i figli di una volta” Nina George – Una piccola libreria a Parigi.

Oggi è 29 febbraio, scrivere una breve riflessione in una data simile accade una volta ogni quattro anni. Mi sono detto che era meglio approfittare di questa occasione.

Guardo il calendario e vedo questo giorno in più, il 29, numero insolito per febbraio, ordinario per tutti gli altri. Sembra che il tempo voglia regalarci un giorno in più, tempo di cui non siamo padroni ma ignari beneficiari. Cosa fare in questo giorno? Come trascorrerlo? Saremo capaci di goderci un “giorno bonus” inserito nel nostro calendario come compensazione astrale nella rotazione terrestre?

Ripenso alla frase proposta da Nina George, nel suo bel libro “Una piccola libreria a Parigi”. Mi piacerebbe trascorrerlo ricordando pezzi di me, stralci di vita; di quali esperienze siamo fatti, quali amori, amicizie, successi e cadute ci hanno permesso di guardare il cielo in questo giorno bisestile. Perché in fondo non siamo altro che il risultato di storie e incontri.

Quei giovani di talento

Sinner e Angelina Mango. Sono i volti nuovi di questa Italia 2024, volti freschi e giovani. Nel campo sportivo e musicale hanno portato una ventata di speranza.

Di entrambi ho apprezzato il valore e il legame con la famiglia. Non sono sfuggiti all’occhio dell’educatore alcuni dettagli importanti. Sinner è un ragazzo che per arrivare a vincere si allena tanto, versando sudore, tanto da rifiutare anche eventi mondani come il Festival “per allenarsi”, ha detto. Ringrazia ciò che natura gli ha dato, il talento, ma anche la famiglia che lo ha aiutato a coltivare i propri sogni. Ma un vero campione non è mai pago del successo, vuole continuare a migliorarsi, studiando e impegnandosi.

Così fanno anche i musicisti. La vetta delle classifiche e il trionfo si sono rivelati spesso malvagi profeti: qualcuno tocca il cielo con un dito e poi torna nel dimenticatoio, semplicemente perché privi di talento. Una famosa parabola ci dice che quel talento va fatto fruttare, altrimenti muore sotto terra.

Penso ad Angelina Mango, figlia di un cantautore amato ma forse non del tutto apprezzato pienamente dal grande pubblico. La ragazza non è la solita “figlia di” arrivata lì per il cognome; in questo caso la famiglia ha avuto un ruolo importante perché Angelina è cresciuta nella musica, è la figlia di Pino perché da lui ha ereditato il talento, sa tenere il palco, trasmette emozione, musicalmente perfetta. Se studierà ancora quel talento che ha nel sangue la porterà lontano; ne sono certo e glielo auguro di cuore.

Sinner e Angelina sono i giovani di talento che ci fanno ben sperare, quelli che sanno fare perché talentuosi. Abbiamo bisogno di giovani capaci, non quelli da sei meno. Solo così avremo persone felici di aver messo a frutto ciò che la natura gli ha donato.

… e fatti una risata!

Senza ironia e, soprattutto, senza autoironia qualsiasi difficoltà diventa un peso enorme da sopportare. A riderci su, invece, si alleggerisce anche il momento più difficile. Se non ci credete, il consiglio che vi do è di provarci: nel momento più critico di tutti, buttatela sull’ironia. Prendete in giro voi stessi, prendete in giro gli altri, sdrammatizzate” (Bebe Vio, Se sembra impossibile allora si può fare).

In questi giorni si sono sollevate molte perplessità in merito al “Ballo del qua qua” in cui si è esibito un imbarazzato John Travolta. Senza entrare nel merito dell’opportunità artistica, ammetto di avere avuto qualche perplessità sull’improvvisazione di tale esibizione (dubito che un nome di quel tipo possa essere oggetto di qualsiasi iniziativa a sua insaputa). Vista in diretta mi sembrava un’esibizione piuttosto divertente, quasi autoironica.

Eppure pare che nessuno lo abbia capito, Travolta per primo, canzonato (è il caso di dirlo!) dai suoi stessi colleghi, silurato dalla critica. Peccato, sarà che viviamo in un tempo dove pochi capiscono l’autoironia.

Le parole di Bebe Vio, campionessa di sport di umanità, sono un tesoro prezioso per tutti, non solo per John Travolta che avrebbe potuto farci una risata liberatoria, in cui anche l’evidente difficoltà poteva essere superata con classe, ironia e autoironia.

Sdrammatizzare così può diventare un grande gesto da Oscar.

Il deserto di “Fratellino”

«Voi qui avete il mare ma noi là abbiamo il . Se i tuoi occhi non hanno mai visto il deserto, non puoi capire bene che cos’è. Il deserto è un altro mondo, ci entri e pensi: “Non uscirò mai da qui”».

Sotto suggerimento di Papa Francesco, ho letto il libro “Fratellino”. Mi aspettavo un libro duro, capace di far sussultare le coscienze. Le aspettative non sono state deluse, anche se ero “preparato” dal momento che un libro simile, di straordinaria intensità narrativa (Giuseppe Catozzella, Non dirmi che hai paura) aveva già toccato il tema del dietro le quinte del fenomeno migratorio.

Quando vediamo i barconi arrivare a Lampedusa, stipati di uomini, donne e bambini, stiamo vedendo l’ultimo secondo di un film lunghissimo; il finale spesso tragico dell’arrivo dei migranti è narrata in questo libro “Fratellino”, che pone l’attenzione sui momenti drammatici che vivono i migranti molto tempo prima di salire su un barcone. Un tragico “dietro le quinte” spesso ignorato.

Quando sentiamo parlare di “tratta di esseri umani”, “sfruttamento”, “schiavitù”, sembrano parole distanti da noi, come il deserto che Ibrahim si è trovato ad attraversare. Il protagonista narra, non scrive, la sua storia con tutto il realismo del caso, senza fare sconti. Il lettore non può che rimanere attonito davanti a tanto orrore; in Africa ci sono armi ovunque, una violenza senza pietà che si riversa nei confronti di chi prova a darsi un’altra possibilità fuggendo dalla fame e dalle guerre, ritrovandosi invece in una morsa di violenza e sfruttamento che meritano l’attenzione dell’intera popolazione mondiale.

Quando vediamo queste persone arrivare dal mare dovremmo conoscere le loro storie, da cosa realmente scappano e quanto è costato il loro viaggio fin qui. “Fratellino” è una storia triste quanto drammaticamente attuale; accogliere i migranti è un normale gesto di umanità, che sembra tanto difficile comprendere. La legge del mare e la legge dell’uomo non può abbandonare nessuno, soprattutto chi fugge.

Mi sono trovato anche io nel deserto con Ibrahim, partito alla ricerca di un fratellino di cui non aveva più notizie; mi sono perso nel deserto di questa umanità in cui tanto credo, incapace però di riconoscere e ritrovare i nostri fratellini.

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