“Il padre che perdona entra in dialogo con le colpe dei figli: le riconosce, le interroga, ci riflette, si domanda come può offrire un aiuto per superarle, ma sa anche aspettare, sa confidare nella capacità di crescere e sa accettare di non poter risolvere magicamente le difficoltà più grandi”. (Antonio Mazzi, Nel nome del padre)

Sentiamo spesso parlare di perdono. A volte sembra essere diventato un prodotto commerciale nei fatti di cronaca nera: viene ammazzato qualcuno/a, si chiede al parente più prossimo della vittima se è disposto a perdonare. Troppo facile.

Nel libro di don Mazzi, “Nel nome del padre”, il buon prete ultranovantenne solo per l’anagrafe, ci propone una lunga riflessione sulla paternità. Tra i tanti aspetti analizzati mi è piaciuto il padre che perdona, capace di entrare in dialogo con i figli, analizzando, riconoscendo, riflettendo sulle colpe. La sua capacità di attesa, di confidare nella crescita farà di lui un padre diverso dagli altri. Ho sempre cercato di trasmettere ai miei figli che dietro ogni loro marachella l’ultima parola era sempre il perdono.

Deve essere così, un padre misericordioso (letteralmente “che ha pietà con il cuore”) è colui che accetta le debolezze dei figli che poi sono anche le sue. Per le mamme è diverso, il loro rapporto viscerale cambia naturalmente l’approccio educativo.

Il perdono ha in sè la parola dono. Può fare la differenza nei rapporti quotidiani genitori-figli. Il perdono forgia l’anima e la rafforza, nel riconoscere il proprio errore un bambino/ragazzo sperimenterà anche la consolazione. E’ ciò che abbiamo sempre cercato e che continueremo ad attendere.